Il pittore Ivan Karas nasce a Leopoli-Berezane (Ucraina) nel 1969 da famiglia di artisti e musicisti; tra i suoi antenati la presenza di pittori di icone russe. Dopo aver frequentato le scuole d’arte della sua città e aver vinto una borsa di studio, per essersi qualificato primo del corso, si trasferisce a Roma dove si iscrive all’Accademia delle Belle Arti, per affinare le sue capacità artistiche. Nella prestigiosa Scuola di via di Ripetta è allievo del Prof. Sandro Trotti, titolare della Cattedra di Pittura, che ne affinerà la tecnica del disegno, l’abilità compositiva e, soprattutto, gli trasmetterà l’amore per i colori puri.
Terminata l’Accademia, attratto dall’arte sacra italiana e dalla dolcezza del clima mediterraneo, si stabilisce in un quartiere in prossimità del Vaticano, dove tuttora vive e lavora. Nel corso degli anni ’90 inizia il suo percorso espositivo in gallerie e chiese capitoline, con opere riconducibili alla sua cultura, intessuta di pregnanti valori storici e religiosi. Nel 1997 vince il Premio Pende Fazzini indetto dall’Ateneo artistico capitolino. Lo stesso anno si aggiudica il Premio della Giuria, in occasione della Mostra dei Pittori Stranieri a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni.
Prosegue gli studi, specializzandosi nel restauro di affreschi murali e di dipinti su vetro, nonché nell’elaborazione di tradizionali “icone russe”, caratterizzate dalla forte espressività ieratica delle figure della Madonna e dei Santi. Nel solco della tradizione iconica russo-bizantina, l’immagine di Ivan Karas, ha la funzione non tanto di rappresentare gli aspetti naturalistici, quanto di trasferire lo spettatore, attraverso la trasfigurazione dell’immagine stessa, in una dimensione spirituale ed ascetica, premessa alla contemplazione.
La tecnica per pervenire a tale effetto ieratico è quella ormai collaudata da secoli di elaborazione pittorica, che si fonda sulla scelta di particolari proporzioni del corpo, su peculiari incarnati, su una luce proveniente dal
fondo dorato o comunque pervaso di illuminazione mistica. Il procedimento tecnico prevede: una preparazione della tavole mediante l’applicazione di una tela di cotone finissimo, su cui si stende uno strato colla di coniglio e gesso di Bologna; il tratteggio dei contorni delle figure sono con tempera; l’applicazione di foglia d’oro, per le aureole dei personaggi sacri; la stesura, infine, dei colori in impasti di pigmenti, aceto di vino bianco e tuorlo d’uovo.
L’artista Ivan Karas, consapevole della propria identità culturale e delle capacità tecniche ed artistiche acquisite nel nostro Paese, di recente ha intrapreso una pittura caratterizzata da una più moderna espressività, riconducibile alla “nuova figurazione italiana”.
Oggi, pur essendo invariata la tematica sacra, le opere presentano un chiaro influsso della pittura tradizionale occidentale: al posto della trasfigurazione “divina” dei personaggi stilizzati, tipica delle icone, subentra un immagine più concreta naturalistica. Le conseguenze sono del tutto evidenti sia nel nuovo patos che pervade le opere, sia nell’uso dei colori che da simbolici diventano realistici, infondendo una drammaticità umana alle composizioni. Invariato resta comunque lo spirito dell’artista, il quale, anche attraverso la nuova ottica italiana, continua ad “osservare” laddove gli altri si limitano a guardare.
Superbo il tema di un dipinto sulla Resurrezione, ancora presente nel suo atelier, dove la potente figura del Cristo domina l’intera scena. L’attenzione dell’artista è concentrata principalmente sul corpo del Cristo e sul movimento ascensionale, come per aiutarlo nell’azione fisica e limitarne i suoi sforzi. Mi ha confidato che ama la sua pittura perché è un mezzo per parlare con Dio.
Le linee sono sfumate, i contorni impercettibili, le forme frammentate e dissolte (come per attraversare la superficie del dipinto), le aree di luce attirano l’attenzione dello spettatore e lo inducono a muoversi intorno alla scena. Il tutto è effigiato in una costruzione volumetrica attentamente bilanciata.
Le pennellate convulse che si adagiano su fondi fortemente materici e stratificati, sono stese con entusiasmo e sicurezza, infondendo all’opera un movimento circolare, concentrico e drammatico.
Un altro dipinto interessante, collocato ora in una chiesa della Capitale, è costituito da una superba Deposizione dalla Croce, in cui l’intensità del dolore della Mater Divina, mentre solleva il corpo del Cristo inerte, appare attraverso la forte espressività del volto sofferente e dalla gestualità dei movimenti.
Anche in questa opera, su tela, i contorni sono sfumati, mentre i colori ad olio sono resi più luminosi ed intensi mediante il ricorso al rosso cinabro, al blu cobalto, al verde smeraldo, con intercalati gialli-ocra dai toni chiari. Sono proprio questi cromatismi a conferire al dipinto una forte tensione emotiva.
Le aree di luce, modulate dai toni e dalle spatolate dei turchesi e bianchi venati che percorrono la sc